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Lattazione lunga nelle capre: vantaggi e criticità

di Stefano Giovenzana

La pratica della lattazione lunga nell’allevamento della capra da latte si è affermata da tempo in nord Europa, in particolare in Olanda, dove esiste una consolidata realtà di allevamenti di grandi dimensioni, con una consistenza media aziendale di circa 1000 capi, che producono latte destinato alla vendita e che per primi hanno dovuto affrontare i problemi di gestione della riproduzione a fronte di una scarsa richiesta di mercato dei capretti da macello e, per contro, una sempre maggiore richiesta di latte di capra nei mesi invernali.

Nelle realtà zootecniche caprine italiane, per quanto strutturalmente differenti da quelle del nord Europa, la lattazione lunga è una pratica gestionale che sta diventando sempre più strategica. Le esigenze principali che possono portare l’allevatore ad orientarsi verso questa pratica sono le seguenti:

  • necessità di avere latte tutto l’anno. Questa finalità può essere perseguita attivando un piano di destagionalizzazione, che comporta un certo impegno organizzativo, oppure mantenendo in lattazione capre che non vengono destinate alla riproduzione;
  • mantenere in produzione capre forti produttrici per cui la messa in asciutta risulta difficoltosa ed un periodo delicato dal punto di vista della sanità della mammella. In genere per portare all’asciutta questi soggetti occorre troncare drasticamente gli apporti alimentari e quindi sottoporli a stress in un periodo delicato e con il rischio di non riuscire a garantire i 60 giorni di asciutta necessari per permettere la completa rigenerazione del parenchima mammario.
  • riduzione del numero dei parti e di conseguenza dei carichi di lavoro e delle esigenze di spazio connesse alla capretteria. Il capretto maschio, per la maggior parte degli allevatori, non rappresenta una risorsa ma un problema in quanto la richiesta di mercato è sempre più esigua e quindi la valorizzazione economica può addirittura non essere sufficiente a coprire le spese sostenute per l’alimentazione lattea. Facendo ricorso alla lunga lattazione si hanno quindi meno capretti, che riescono ad essere meglio valorizzati sul mercato e che risulta anche più semplice allevare in condizioni di minore affollamento della capretteria.

Le capre in genere dimostrano una spiccata persistenza della lattazione che ten-de ad avere un calo fisiologico da metà settembre fino a metà dicembre per poi tornare ad avere un nuovo incremento della produzione nei mesi successivi. Per far fronte a questo periodo delicato di calo della produzione, determinato da diversi fattori tra cui la manifestazione dei calori e la progressiva diminuzione delle ore di luce naturale, è possibile mettere in atto alcune azioni correttive:

  • attivazione di un protocollo luminoso, ovvero garantire, attraverso illu-minazione artificiale, almeno 16 ore di luce al giorno;
  • limitare al massimo la presenza di riproduttori in stalla. Per i gruppi di capre che vengono destinati al maschio sarebbe opportuno avere a disposizione un numero di becchi elevato in grado di garantire una stagione riproduttiva molto concentrata;
  • dal punto di vista dell’alimentazione, in questa fase occorre sostenere la produzione e quindi non modificare la razione riducendo gli apporti nutritivi in relazione al calo produttivo. Diventa importante monitorare lo stato corporeo degli animali che tendono ad ingrassare. Può essere di grande utilità mantenere monitorato il tenore di urea nel latte che durante questo periodo dovrebbe attestarsi su valori di circa 3-5 punti superiori rispetto alla media mantenuta durante gli altri mesi di lattazione.

A fronte di questi vantaggi ci sono però alcuni aspetti che nell’immediato non vengono presi in considerazione ma che non vanno sottovalutati. Primo tra tutti è la gestione della rimonta. Per garantirsi un continuo miglioramento della qualità del gregge occorre allevare una rimonta sufficientemente numerosa e qualitativamente valida. A tal fine si rende necessario destinare alla riproduzione, oltre alle nullipare ed alle primipare anche alcune capre adulte particolarmente performanti soprattutto in termini di persistenza della lattazione, magari destinando alla fecondazione artificiale con la finalità di ottenere dei riproduttori da utilizzare in azienda negli anni successivi o da destinare alla vendita.

Una ripartizione ideale della composizione di un gregge gestito facendo ricorso alla lattazione lunga potrebbe essere il seguente: 30% primipare, 25% secondipare, 40% capre adulte non più destinate alla riproduzione, 5% capre adulte, le migliori, destinate alla fecondazione artificiale. I prodotti dei parti, provenienti da primipare, secondipare e, soprattutto, adulte fecondate artificialmente, dovrebbero essere più che sufficienti per garantire l’allevamento di un numero sufficiente di caprette da destinare alla rimonta interna.

Alla luce di tutte queste considerazioni e valutazioni il ricorso alla lattazione lunga può essere un’ottima opportunità da attuare per gli allevatori di capre, protagonisti di un settore giovane e dinamico sempre attento ad aggiornare le proprie competenze.

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