di Simona Bonfadelli
Molti agricoltori in Pianura Padana coltivano mais, cereali autunno vernini e foraggere perché si trovano in un territorio con una spiccata vocazione zootecnica. Sempre più aziende però, spinte dalla diversificazione e dalla rotazione imposte dalla Politica Agraria Comune (PAC), dai mercati che negli ultimi anni hanno tutto sommato premiato le produzioni e dalla innata tendenza a non lasciare i terreni incolti, hanno investito sulla semina della soia. La soia viene coltivata principalmente per i suoi semi, che possono essere utilizzati per la produzione di oli e per l’alimentazione sia umana che animale. Essendo una leguminosa la soia è ricca di proteine.
La soia, Glicine Max, è una pianta erbacea annuale della famiglia delle Fabacee o Leguminose. Ha una crescita eretta e può essere più o meno cespugliosa, a seconda della ramificazione dello stelo principale. Le foglie sono trifogliate e ricoperte da una caratteristica peluria brunastra, così come i baccelli e il fusto, e cadono prima che i baccelli abbiano raggiunto la maturità. I fiori sono piccoli, di colore bianco o violaceo, e la fioritura comincia dal basso e procede verso l’alto, influenzata dall’andamento stagionale. Il baccello villoso è il frutto della soia e contiene i semi, di forma globosa-ovoidale, generalmente di colore giallo o bruno. Le radici di Glicine Max ospitano un batterio simbionte che fissa l’azoto atmosferico e che permette a questa coltura di arricchirne i terreni. La soia è una pianta “brevidiurna”, cioè che necessita di ricevere un certo periodo giornaliero di buio, perché è durante questo periodo che si formano le sostanze che permettono la differenziazione dei fiori. In generale l’allungamento delle ore di buio rende più veloce la fioritura, ma le singole varietà hanno esigenze diverse. Le molte varietà di soia in commercio sono suddivise in classi di precocità, che vanno da 000 a X, anche se nelle nostre zone si utilizzano principalmente i gruppi 1+, 1 e 1- in prima epoca di semina e i gruppi 0-, 0, 0+ o 00 in seconda epoca di semina, ad esempio in rotazione con un cereale autunno vernino.
Il seme di soia, per germinare abbastanza rapidamente, cioè nell’arco di una decina di giorni al massimo, necessita di una temperatura stabile del terreno intorno ai 13° C, che si registra di solito intorno alla metà del mese di maggio. A volte, anche a causa del clima che sta cambiando, si ha la tendenza ad anticiparne la semina, ma ciò, almeno nel caso della soia, non comporta alcun vantaggio. Anzi, semine precoci, congiuntamente a fenomeni di stress legati a siccità o a temperature elevate durante la fioritura, possono determinare il “fenomeno dello stelo verde”. Questo disturbo si manifesta nella pianta con una ritardata senescenza fogliare al momento della maturazione fisiologica. Ciò vuol dire che, mentre le foglie e lo stelo restano verdi e i piccioli non vengono abscissi, la maturazione dei semi e dei baccelli continua in modo pressoché normale. In alcuni casi anche il seme deperisce o si altera, a causa di fenomeni esterni quali insetti e muffe.
Questa sindrome rende complicata o, in casi estremi, impossibile la raccolta dei semi di soia perché gli alti livelli di umidità di stelo e foglie possono provocare un impastamento degli organi trebbianti.
Il “fenomeno dello stelo verde” si manifesta quasi esclusivamente sulle varietà seminate in primo raccolto, tra aprile e maggio. Questo potrebbe essere spiegato dal fatto che i cicli più lunghi (1 e 1+) fioriscono verso inizio luglio e, durante la comparsa dei primi baccelli e la formazione dei semi, possono subire forti stress a causa delle elevate temperature e delle disponibilità idriche scarse.
Questi stress possono provocare un’importante cascola dei baccelli e, quando la pianta si ritrova in condizioni migliori e riprende al meglio la fotosintesi, in mancanza di questi, comincia a depositare i prodotti della fotosintesi in foglie, steli e radici, rallentando la chiusura del ciclo vitale.
Ad oggi non ci sono delle cure o dei prodotti che possono evitare o risolvere questa sindrome, ma possiamo cercare di limitarla mettendo in atto delle buone pratiche agronomiche che limitino i fattori di stress:
Per quanto concerne le malerbe, è fondamentale intervenire nel momento migliore, sia con i diserbi di pre-emergenza che, e soprattutto, con quelli di post-emergenza. I principi attivi che abbiamo a disposizione si contano ormai sulle dita di una mano, perciò quello che fa la differenza è lo stadio di sviluppo delle erbe infestanti, che non devono essere troppo sviluppate. A volte possiamo ottenere ottimi risultati, altre possiamo incappare in malerbe resistenti, che purtroppo non vengono compromesse dall’utilizzo dei fitofarmaci.
In relazione agli insetti, quello più dannoso è Halyomorpha halys o cimice asiatica, che può favorire il fenomeno dello stelo verde, soprattutto a bordo campo. Ma non solo, può provocare ingenti danni alla coltura, in quanto, quando gli attacchi sono tardivi, va a pungere i semi, che non si sviluppano, sono raggrinziti e faticano a maturare.
Quando invece gli attacchi sono precoci, in fase di fioritura, possono causare aborti fiorali. La lotta a questo tipo di insetto è resa difficile dal suo ciclo vitale, perché si riproduce più volte, restando in campo da inizio luglio fino ad inizio ottobre, e si muove molto in campo, pur restando presente soprattutto nei bordi degli appezzamenti. È perciò complicato, una volta trovato il prodotto adatto, trovare il momento ideale per effettuare il trattamento.
Le indicazioni agronomiche relative alla soia seminata come prima coltura, valgono anche per quella seminata dopo un cereale autunno-vernino o una foraggera. In questo caso è utile ricordare che la semina viene effettuata in un momento in cui le temperature sono molto elevate, perciò potrebbero subentrare problemi di germinabilità e di scarsa attivazione dei diserbi distribuiti alla semina. Dove possibile consigliamo di bagnare il terreno prima della semina, di modo che ci sia un microclima favorevole alla germinazione dei semi di soia, e ribagnarlo, meglio utilizzando un sistema ad aspersione, dopo al massimo 48 ore, dopo aver distribuito il diserbo di pre-emergenza.
Da un punto di vista burocratico, e non solo, è molto importante, durante la stesura dei programmi di semina, segnalare al proprio consulente l’intenzione di coltivare soia. Anche eventuali variazioni devono essere comunicate tempestivamente, in modo da modificare i fascicoli elettronici. Infatti, sia per un discorso di tracciabilità e di filiera, che per la compilazione dei registri dei trattamenti, è fondamentale avere un fascicolo aziendale corretto e corrispondente alle reali semine effettuate. Il fatto poi di indicare la soia come coltura secondaria permette di assolvere alle richieste della PAC che permettono di accedere al pagamento di base e agli altri aiuti. Nello specifico, all’interno della condizionalità rafforzata, è previsto l’obbligo di rotazione colturale sui seminativi, con una coltura secondaria che stia in campo per almeno 90 giorni (Bcaa 7).
È molto importante sottolineare che, per ricevere i pagamenti accoppiati nel 2024, è necessario utilizzare un quantitativo minimo di semente certificata ad ettaro. Infatti col decreto pubblicato il 27 dicembre 2023 sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, viene ufficializzato l’obbligo di seminare 70 kg/Ha di seme di soia certificata in prima epoca di semina e 100 kg/Ha in seconda epoca di semina. Naturalmente l’agricoltore dovrà conservare i documenti che certificano l’acquisto del seme certificato, cioè fatture e cartellini.
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