di Sujen Santini
Chi si occupa di nutrizione dei ruminanti secondo il sistema unifeed ha tra le principali priorità quella di formulare una razione bilanciata secondo i fabbisogni metabolici, fisiologici e produttivi dell’”individuo medio” che rappresenta il gruppo a cui la razione è destinata. Altra priorità è quella di mantenere la razione il più possibile costante nel tempo ed evitare la demiscelazione impedendo così all’animale la possibilità di scelta. Anche se raggruppiamo omogeneamente gli animali per categoria produttiva fisiologica, esistono delle variazioni individuali all’interno del gruppo in termini di assunzione alimentare, preferenze alimentari, fabbisogni di micro/macronutrienti, sensibilità a sostanze tossiche, rischio di sviluppo di patologie metaboliche e così via. Tutto questo sulla base di comportamenti appresi già dalla vita intrauterina e delle specifiche caratteristiche morfologiche, e quindi fisiologiche, che contraddistinguono tra loro gli individui secondo un principio di “risposta adattativa predittiva”.
RISPOSTA ADATTIVA PREDITTIVA
Gli erbivori si sono evoluti mangiando una varietà di alimenti in ambienti diversi scelti in funzione di bisogni specifici dipendenti dall’ambiente e dallo stato fisiologico: la capacità di un pascolatore di compiere una scelta alimentare funzionale a mantenere una condizione di salute in equilibrio (omeostasi) è alla base dell’evoluzione e della sopravvivenza di specie e pertanto è uno dei comportamenti innati più sviluppato nei bovini. Gli erbivori tendono infatti, se ne hanno la possibilità, a consumare una varietà di cibi anche se i fabbisogni nutritivi possono essere soddisfatti con alimenti singoli (o unifeed), modificando le loro preferenze di foraggiamento in funzione delle conseguenze che sperimentano dopo l’ingestione. Il comportamento alimentare si sviluppa già nella vita intrauterina e nelle prime fasi di vita, secondo una interazione dinamica tra sapore e conse-guenze post-ingestione dipendenti dalle condizioni fisiologiche dell’animale e dalle caratteristiche chimiche dell’alimento, in una logica di bilancio tra piacere e utilità omeostatica.
Questa interazione produce una serie di “risposte adattative predittive” che inducono cambiamenti neurologici, morfologici e fisiologici, influenzando lo sviluppo nelle prime fasi della vita in maniera da rendere il fenotipo adatto all’ambiente nel quale dovrà sopravvivere il futuro individuo adulto.
IL NATURALE COMPORTAMENTO ALIMENTARE DEL BOVINO
Una recente pubblicazione ha raccolto un repertorio dei principali 40 comportamenti che i bovini svolgono quando sono in un contesto “naturale”, concludendo che il 90-95% del tempo giornaliero lo impiegano principalmente in tre attività: pascolo, ruminazione e riposo. Il bovino è una specie predata e crepuscolare: il riposo è distribuito prevalentemente nelle ore diurne, mentre la ruminazione nelle ore notturne. Il pascolo ha un ritmo diurno ma con picchi di attività all’alba e al tramonto; mostrando una forte preferenza per i legumi al mattino, mentre la sera per il foraggio più “ingombrante” ricco di fibre e a bassa velocità di transito. Questa strategia alimentare è funzionale a limitare la necessità di pascolo notturno e quindi il rischio di esposizione ai predatori.
LEGAME TRA SCELTA ALIMENTARE E BENESSERE
Fornire un’alimentazione adeguata è uno dei principali requisiti per garantire la salute, e quindi il benessere, dei nostri animali. Ma proprio riguardo al loro benessere, cosa si intende per alimentazione adeguata? Il concetto di benessere comprende anche lo stato di armonia con l’ambiente e quindi la possibilità per l’animale di compiere delle azioni di adattamento allo stesso, quale ad esempio è la scelta alimentare, funzionali a raggiungere uno stato di salute in equilibrio.
In quest’ottica, il processo di selezione del cibo può essere interpretato come la ricerca di sostanze chimiche nell’ambiente in funzione dei fabbisogni specifici di quel momento, permettendo così all’ani-male di stare bene.
Secondo il più recente concetto di benessere positivo, il principio della libertà dalla fame e dalle sete e dalla malnutrizione, aspetti ormai dati per acquisiti, devono essere integrati con elementi che coinvolgono la sfera mentale ed emotiva e, di conseguenza, la possibilità di vivere esperienze positive coerenti con l’etogramma di specie. Dobbiamo quindi iniziare a interessarci anche degli aspetti edonistici: ad esempio, il piacere anticipatorio del cibo, il suo profumo, la sua consistenza, la varietà di sapori, il piacere della sazietà e del dissetarsi, il piacere della ricerca e della scelta dell’alimento.
Una conferma di ciò è data dal fatto che la privazione del comportamento alimentare, anche quando i bisogni nutrizionali sono soddisfatti, induce lo sviluppo di stereotipie orali. La mancanza di alternative alimentari può infatti portare a comportamenti frustranti che possono attivare l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene che è il coordinatore centrale dei sistemi di risposta neuroendocrina allo stress: la conseguente produzione di ormoni dello stress hanno un effetto diretto sulla ridu-zione dell’assunzione di cibo.
SAZIETÀ SENSORIALE SPECIFICA
Il “piacere” sperimentato dal valore edonico di un alimento (es. gusto, profumo, consistenza, ecc.) coinvolge vie sensoriali (neurotrasmettitori) diverse rispetto a quelle stimolate dal suo valore nutritivo, ma entrambe concorrono a indurre uno stato di “sazietà sensoriale specifica”, cioè una diminuzione della preferenza per l’alimento che viene consumato troppo frequentemente o in eccesso.
I neuroni gustativi, olfattivi e visivi smettono infatti di rispondere a gusto, odore e vista di un particolare alimento, tuttavia continuano a rispondere ad altri alimenti. In altre parole, la ripetuta stimolazione sensoriale con un’alimentazione monotona produce un senso di sazietà per assuefazione che induce l’animale alla ricerca di nuovi sapori e fonti alimentari alternative. Le avversioni diventano pronunciate quando gli alimenti contengono un’elevata concentrazione di tossine o sostanze nutritive o squilibri nutrizionali, secondo il principio del “minimo disagio”.
PRINCIPIO DEL MINIMO DISAGIO
Dal semplice concetto di limitazione fisica del foraggio, oggi sappiamo che l’assunzione alimentare è regolata da un meccanismo di controllo multifattoriale secondo il principio del minimo disagio totale.
È stato infatti dimostrato che l’animale mangia per ridurre al minimo gli errori derivanti dalla somma di tutti i nutrienti che ha a disposizione. La concentrazione della sostanza nutritiva alla quale la preferenza si trasforma in avversione dipenderà dalla frequenza con cui l’animale sta utilizzando quel nutriente, dal suo stato fisiologico e dalle condizioni ambientali. La risposta che ne deriva “aggiorna” l’animale consentendogli di rivalutare i suoi livelli di comfort e, se necessario, modificarne l’assunzione media giornaliera.
I bovini possono quindi soddisfare in modo più efficiente i loro fabbisogni individuali di nutrienti quando viene offerta loro una scelta rispetto a quando sono vincolati ad un’unica dieta, anche se nutrizionalmente equilibrata, le avversioni alimentari transitorie possono infatti deprimere l’assunzione di un’unica dieta mista, oppure al contrario consumare alcuni nutrienti in eccesso, evitando comunque in una inefficienza metabolica.
ARRICCHIMENTO ALIMENTARE
Questo articolo non vuole mettere in discussione l’alimentazione secondo unifeed, la cui ampia attuazione ha prodotto vantaggi certi. Vuole invece essere uno spunto di riflessione riguardo alla valenza che può avere mettere a disposizione un arricchimento alimentare in greppia in modo che gli animali possano esercitare una possibile scelta.
Fonte: – In pursuit of “normal”: A review of the behaviour of cattle at pasture. doi:10.1016/j.applanim.2011.12.002
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