LA PAROLA AL SOCIO – Alberto Decò: Socio dell’Azienda Agricola Decò Luigi e Alberto, di Casalmaggiore (CR) si occupa della gestione dell’allevamento dei bovini da latte e della campagna. Sostenitore del benessere animale come fonte di longevità per i bovini allevati e di ritorno economico per l’azienda. Sensibile alla riduzione dell’impatto ambientale dell’agricoltura e della zootecnia.
Mi ritrovo sempre più spesso a pensare che il famoso e leggendario Vaso di Pandora, da cui traboccano tutti i mali del pianeta, rappresenti in realtà il mondo dell’agricoltura e della zootecnia in particolare.
Diamo per scontato il fatto di avere sempre disponibilità di cibo. Il lusso di potere mangiare in maniera abbondante per 3 volte al giorno non è per tutti. Attualmente sul pianeta terra campano circa 8 miliardi di esseri umani.
Alla nostra latitudine le campagne e le montagne si sono spopolate, la mansione di agricoltore piano piano abbandonata. Nel 2022 in Italia hanno chiuso i battenti 3633 aziende agricole. Questa tendenza è in atto da tempo, negli ultimi 38 anni sono spariti due terzi degli agricoltori! E per contro spaventa il dato del rapporto Ispra che narra di un consumo di suolo che nel 2022 ha toccato il suo apice, con 2,2 mq al secondo, cioè 19 ettari al giorno! Occupati da cemento e asfalto, quindi difficilmente riconvertibile in verde o terreno coltivabile.
Come mai siamo arrivati a questa situazione?
Provo ad addentrarmi in alcune delle questioni su cui il settore primario ha il dito puntato. Una di queste è l’uso della chimica e le sue potenziali e presunte correlazioni con alcune patologie umane. Anche l’agricoltura biologica usa la chimica, una chimica naturale(?). Se non sbaglio non può fare a meno di rame e zolfo per tenere sotto controllo i parassiti più invasivi.
A proposito di biologico.
Ai tempi dei nostri bisnonni e dei nostri nonni era tutto bio. E si faceva fatica a campare. Provo ad immaginare per un istante se tutta l’agricoltura odierna fosse biologica. Tralasciando per un attimo l’aspetto dei costi, mi chiedo quanta esigenza alimentare riuscirebbe a soddisfare visto che rispetto ad un secolo fa le tecniche di coltivazione, la meccanizzazione, le cultivar migliori, la selezione, la genetica hanno implementato la capacità produttiva indipendentemente dalla chimica. Anche la zootecnia negli ultimi anni ha subito il fascino del biologico. In particolare la zootecnia da latte. Un altro dei temi all’ordine del giorno nella zootecnia è il benessere degli animali. Gli allevamenti sono definiti intensivi per via degli spazi ridotti e perché le specie allevate non possono esprimere fino in fondo le loro esigenze etologiche. Posso dire che per i bovini da latte sono stati fatti importanti passi in avanti su questi aspetti. Mi viene da sorridere poiché mentre fino a pochi decenni fa le lattifere erano legate alla catena, nella cosiddetta stabulazione fissa, per tutta la loro carriera produttiva, non esisteva nessun interesse da parte dell’opinione pubblica per questa condizione estremamente limitante. Mentre adesso che sono allevate sciolte da vincoli che le obbligavano all’immobilità, siamo avvolti di richieste di benessere. Per carità, devo ammettere che il requisito di allevare animali nelle migliori condizioni possibili è fondamentale. Se il numero medio di lattazioni nelle stalle di bovine da latte è di poco superiore all’1.5 (1,6 – 1,7) significa che le nostre quadrupedi in bianco e nero campano mediamente meno di 4 anni! E come glielo spieghi questo agli animalisti! Ed è anche una questione economica. Se gli animali durano poco in stalla anche il reddito ne risente. È come avere le tasche bucate! La realtà è che abbiamo a che fare con lattifere paragonabili a bolidi da formula uno.
Ma noi le facciamo “correre” su “piste” adeguate? Diamo loro sempre il top del carburante? E soprattutto siamo i piloti giusti per loro? Penso che la genetica ci debba costruire bovine da “rally” non da formula uno. Animali meno delicati, che possono andare in derapata, senza sbandare troppo, insomma un po’ più facili da governare. Per contro rifletto spesso su di una palese dicotomia. Al fatto cioè che i nostri animali hanno programmi di razionamento loro dedicati, precisi per tutte le loro esigenze alimentari, mentre in alcune zone del mondo parecchie persone vivono in condizioni precarie, per usare un eufemismo! Ho il sospetto che sarebbe bene occuparsi di più del benessere degli esseri umani in generale e con un filo in meno di trasporto per gli animali.
Secondo l’ONU siamo quasi 8 miliardi di persone sul pianeta terra. E saranno 11 miliardi nel 2100! Come sfamare tutti quanti evitando di portare il pianeta al collasso? L’agricoltura estensiva tutela l’ambiente, ma non fornisce cibo a sufficienza per tutti. Forse la soluzione è trovare il giusto equilibrio tra le due realtà.
C’è poi chi ha in mente altre idee per produrre alimenti e salvare il pianeta.
Ultimamente si parla sempre in maniera più prepotente di carne (ma anche di latte) sintetica prodotta in laboratorio. Con la promessa di ridimensionare la presenza di allevamenti intensivi. Ho la netta sensazione che animalisti e ambientalisti strizzino l’occhio a questo tipo di soluzione.Così evitiamo l’allevamento degli animali, la macellazione, pratica cruenta a cui sempre più persone sono sensibili. E si inquina di meno perché i bovini durante il normale processo di eruttazione emettono metano che contribuisce alla formazione dei gas serra.
Sorrido amaramente pensando che un aereo di linea consuma 1,25 litri di carburante al secondo!
A cui si aggiunge la circolazione su due e quattro ruote, le navi, le industrie…! Nel bovino le emissioni gassose sono bilanciate dal sequestro di carbonio dei foraggi di cui si nutre. Però è notizia fresca che il consiglio dei ministri UE ha emesso una direttiva sulle emissioni in cui gli allevamenti sono inclusi nelle industrie che inquinano!
Gli animali da reddito hanno anche un’altra spada di Damocle sulla testa. Quella della competizione con l’uomo per ciò che concerne l’alimentazione. A differenza dei mongostrastici come polli e suini i bovini hanno 2 particolarità la prima è di nascere completamente privi di anticorpi, cioè con un sistema immunitario azzerato. E’ quindi indispensabile somministrare colostro ricco di immunoglobuline in modo tempestivo. L’altro aspetto peculiare del ruminante è la capacità di cibarsi di alimenti di cui l’uomo non si nutre.
Negli ultimi decenni però con l’incremento delle produzioni si è reso necessario la somministrazione in razione di mais e soia. Per fortuna il microbiota ruminale composto da batteri, protozoi e funghi è in grado di sfruttare materie prime povere trasformando alimenti non edibili dall’essere umano in latte e carne. Per questo almeno nel settore dei ruminanti si inizia già a parlare di riduzione della somministrazione di mais e soia. Concludo auspicando che le future direttive per creare una ricetta con i giusti ingredienti per l’agricoltura e la zootecnia, siano condite di buon senso e un pizzico di romanticismo.
Sarebbe romantico sentire di nuovo gracidare le rane d’estate e di buon senso eradicare le specie animali alloctone che nulla hanno a che fare con i nostri territori.
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